Incontro con la psicoterapeuta Paola Federici, al Centro Psicologico di Binasco a dieci minuti da Milano

Come faccio a sapere da chi andare?

Come faccio a sapere da chi andare?

Perchè si fatica a decidere di andare dallo psicologo?

a cura della Redazione

Pur consapevoli di averne bisogno, non ci si decide subito, peggiorando nel tempo la situazione – afferma la psicologa Paola Federici, che riceve nei suoi studi a Binasco e a Milano. Talvolta passano mesi, se non addirittura anni, barcamenandosi in stati di malessere, ansia, apatia, rinunce a obiettivi di vita per paure inspiegabili, fobie, stati di timidezza e insicurezza assurdi, che nulla hanno a che vedere con la reale situazione, ma la persona finisce per perdere occasioni importanti nella professione o nella vita privata, fuggendo anche da situazioni per altri semplici e normali, perché a loro creano un’ansia insormontabile. Altri vengono assaliti da attacchi di panico solo al pensiero di dover salire in ascensore o prendere una metropolitana, per non parlare dell’aereo. Non agendo e non cercando aiuto in un esperto del settore, rinunciano a vivere, possono rinunciare perfino a ottime occasioni lavorative,  solo se l’ufficio si trova al….quinto piano!

Altri ancora rimangono bloccati nella vita privata in relazioni patologiche, talvolta distruttive, senza riuscire a procedere ma nemmeno a chiudere col passato. E tutto ciò per anni. Perché è cosi difficile chiedere aiuto a chi potrebbe darlo? Perché non si va subito dallo/la psicologo/a psicoterapeuta?

il primo ospite della giornata

Il primo paziente della giornata

I motivi più frequenti per cui la gente non va dallo psicologo 

L’abbiamo chiesto alla dott.ssa Paola Federici, psicologa psicoterapeuta con una esperienza venticinquennale, che riceve nei suoi studi a Binasco e a Milano (in zona piazza Udine).

  • Perché molti non riescono a decidere di rivolgersi a uno psicologo psicoterapeuta, pur sapendo che potrebbe aiutare?
  • Sono tanti i blocchi che possono intervenire – risponde la dott.ssa Federici – Vediamo quali sono le paure più frequenti della gente, emerse dalle statistiche italiane, che fanno perdere molto tempo mentre la sintomatologia peggiora.  Infatti più si aspetta più i sintomi tendono a cronicizzare e la situazione può diventare di tale gravità da dover poi impiegare molto più tempo per risolverla e  dover ricorrere talvolta a un supporto farmacologico prescritto da uno psichiatra.
  •  Tutti penseranno che sono “pazzo”, pensano molti. Sembra impossibile – dice la psicologa – ma ancora ai nostri giorni questa sembra  una delle più grandi paure. La ragione è piuttosto antica ed è affonda le radici in ambito culturale. Basti pensare che in Italia è un pregiudizio ancora piuttosto presente, più nelle province che nelle grandi città. Spesso nei paesi, dove ci si conosce un po’ tutti,  si tende a “non voler far sapere” agli altri che si va da uno psicoterapeuta, per una sorta di vergogna, come se il benessere e la ricerca della salute non solo fisica, sia fonte di inadeguatezza di fronte agli altri. Il fattore culturale impone invece delle richieste che, sotto stress e in alcuni periodi della vita, non si riesce a soddisfare: il dirsi ad esempio “devi essere sempre all’altezza”, sei un padre di famiglia, “devi assolutamente non perdere il lavoro”, il sentirsi obbligati a dimostrare sempre il meglio di te stesso. Queste sono false convinzioni che possono portare al tracollo se non si ammette di avere anche qualche punto debole- come tutti del resto – e non si impara ad accettarsi. Non dimentichiamo poi che chi si rivolge a uno psicologo “non è pazzo”, lo psicologo non è lo psichiatra.
  • Lo psicologo non usa i farmaci e aiuta in  particolari periodi della propria esistenza a superare situazioni difficili, come lutti, perdite di lavoro, separazioni divorzi, o altre paure che possono insorgere senza sapere il motivo.  E questo può accadere a tutti. C’è quasi sempre un evento cosiddetto “scatenante” che fa insorgere i sintomi. Ma spesso questa è la punta dell’iceberg di problemi che esistevano già, solo erano latenti.
  • A lei è accaduto di frequente che i suoi pazienti si siano presentati troppo tardi per essere guariti?
  • Molto spesso le persone arrivano nel mio studio dopo vari anni di tentativi “fai da te”, senza risultato. Molte situazioni che si sarebbero potute risolvere all’insorgere dei primi disagi,  per esempio in giovane età, anche adolescenziale, se trascinate, sono  piu difficili e richiedono più tempo. Infatti  la persona si crea nel tempo delle difese a livello comportamentale, che hanno lo scopo di sfuggire ai sintomi, come l’ansia, anche somatizzata, alle paure,  mentre se la situazione fosse stata affrontata in embrione, si sarebbe risolta in poche sedute. Non dimentichiamo che fino a 20-22 anni l’individuo è in evoluzione, sta costruendo la propria identità ed è qui che se ci sono dei problemi sarebbe meglio lavorarci subito.
  • In treatment - Sergio Castellitto

    In treatment – Sergio Castellitto

    Questo significa che a 30-40 anni o addirittura a 50 è già tardi per stare bene?

  • Ma no, a qualsiasi età ci sono modalità e strategie adatte. Un bravo psicoterapeuta le conosce e le sa proporre, soprattutto quelle attuali mirate al problema, che tendono a rendere il paziente “attivo”, alla guida della propria vita. Per esempio le tecniche cognitivo comportamentali insieme a quelle che insegnano a rilassare il sistema nervoso vegetativo, possono far stare meglio in tempi abbastanza brevi, tutto è ovviamente relativo: se un bambino di 8 anni ha paura del buio e può risolverla in 4-5 sedute, un adulto di 30- 35 anni con una fobia trascinata da anni impiega certamente più tempo, perchè occorre imparare ad ascoltare le proprie emozioni sul nascere, percepirle e adottare nuove modalità per rispondere alle emozioni  sgradevoli e questo richiede più tempo a un adulto che a un ragazzino.
  • . Ma l’età non deve comunque condizionare la decisione: quando una persona sta male deve assolutamente rivolgersi a uno psicologo competente, meglio se è anche psicoterapeuta, con una certa esperienza.
  • Se abbiamo capito bene, è perciò la paura di essere etichettati dagli altri come malati di mente e il timore di sentirsi giudicati diversi che trattiene dal prendere la decisione, per non far sapere che c’è un problema.
  • In Usa, Paese dove l’abitudine di rivolgersi allo psicologo è molto più consueta che in Italia, e questo da molti più anni, si pensi che la gente si fa un vanto di informare che si ha uno psicologo di riferimento , dal quale andare più volte nell’arco della propria esistenza in caso di bisogno. Si esibisce la cosa in pubblico, perfino il nome dello specialista, lo si consiglia ad amici e conoscenti. Siamo agli antipodi coi nostri utenti che si guardano intorno prima di suonare il campanello dello studio dello psicoterapeuta, per timore di essere visti e che la cosa si venga a sapere in giro. A me è accaduto qualche tempo fa, un giorno una paziente  non arrivava. Dopo aver aspettato una ventina di minuti, sentii la sua voce in strada. Guardai ed era lei che parlava beatamente con una sua amica. Aspettai, pensando che si fosse sbagliata di orario. Dopo una buona mezzora di ritardo, suonò. Le chiesi come mai si fosse attardata in strada a parlare e lei mi rispose che aveva casualmente incontrato un’amica proprio davanti al mio portone e non aveva voluto far sapere che frequentava il mio studio. E cosi aveva rinunciato a mezzora della sua seduta pur di non far trapelare il suo segreto!
  • Altre motivazioni per cui la gente aspetta e perde tempo prezioso? 

    Dott.ssa Paola Federici

    Dott.ssa Paola Federici nel suo studio di Binasco

– La paura di sentirsi giudicati dallo psicologo è molto frequente. Personalmente chiarisco subito alla prima occasione, quando vedo il nuovo paziente timoroso nel raccontarsi, che lo psicologo non è un giudice, ma un esperto al servizio di aiuto alle persone.  

Collegata a questa paura ce n’è un’altra, che gli altri vengano a conoscenza dei  problemi privati e personali. Su questo argomento occorre ricordare che lo psicologo e lo psicoterapeuta hanno l’obbligo del segreto professionale. Si tratta di una professione sanitaria e il professionista è tenuto a conservare l’assoluto riserbo con tutti, anche coi propri familiari sulle informazioni ricevute in corso di seduta e sulle persone che si rivolgono a lui.

  • Scegliere i farmaci al posto di una psicoterapia, anche senza essere certi che sia la via opportuna per i propri disturbi, può derivare da una paura?
  • Sì, la scelta immediata della strada farmacologica può nascondere la paura di mettersi in discussione, di mettersi in gioco. Di doversi modificare almeno un po’ per poter stare meglio. E poi prendere due pastigliette mattina e sera è più veloce e meno dispendioso! Infine c’è l’abitudine, più medica che psicologica, di aspettarsi la soluzione dall’esterno, senza doversi “ascoltare” davvero e senza alcun coinvolgimento emotivo nel  proprio percorso di crescita. Ma quando si sospendono i farmaci, quasi sempre i problemi ritornano, talvolta al primo evento scatenate si sta peggio della prima volta. Il rischio è di cadere in un circolo vizioso: sintomi- farmaci – malattia- senso di impotenza e non uscirne più.

La scelta dei farmaci, nella eventualità fossero necessari,  va fatta comunque non dall’utente, bensì da un medico, preferibilmente uno specialista in psichiatria. Per alcuni pazienti con alcune patologie, c’è necessità di un supporto farmacologico. L’ideale in  alcuni casi sarebbe associare farmaci e psicoterapia per un periodo. Vi sono persone non in grado di affrontare un percorso di lavoro su se stessi, perché troppo in ansia o troppo depressi ma che hanno bisogno di un intervento immediato. Perciò i farmaci servono in taluni casi.  In seguito, quando stanno un po’ meglio, è utile affrontare anche i motivi per cui sono arrivati in quello stato e quindi un percorso di psicoterapia è sempre raccomandato. In tal caso, lo psicoterapeuta collabora con lo psichiatra, i farmaci vanno sempre assunti sotto controllo dello psichiatra. Ma, quando la psicoterapia comincia ad avere qualche risultato, il paziente può iniziare a ridurre i dosaggi delle medicine. Questo è un altro beneficio della psicoterapia, di dare risultati stabili nel tempo, in modo da non avere ricadute cosi pesanti  o di accorgersene in tempo, perché quando si lavora su se stessi si diventa anche più consapevoli e non si fa più “finta di niente”.

  • Mi verrà a costare un sacco di soldi, è ciò che si dente dire in giro abbastanza spesso. Ma è proprio così?

Il lato economico è certo da prendere in considerazione. Oggi però non è più l’epoca della psicoanalisi, che poteva proseguire per 5-8 o anche una decina d’anni, con  due o tre sedute settimanali. Le nuove tecniche, come dicevo prima, approcciano direttamente il problema. E’ vero che non dobbiamo togliere nulla dei suoi meriti alla psicoanalisi, ma non si ha il tempo, oggi, con le persone che incalzano e stanno male e non possono spendere capitali, per avviare percorsi cosi lunghi.

Le tecniche attuali cognitiviste e comportamentali, le tecniche ipnotiche e di rilassamento,le strategie esistenziali aiutano a ottenere risultati accettabili in tempi medio-brevi  e risolvere in modo definitivo i problemi attuali degli utenti. In fondo la gente che si rivolge a uno psicologo vuole stare bene, quasi mai può permettersi di stendersi sul lettino tre volte alla settimana.

Le tecniche attuali consentono di partire con un incontro settimanale, quando i paziente sta un po’ meglio ed è già padrone di tecniche apprese che usa anche senza il costante supporto dello psicoterapeuta, le sedute si possono diradare a a un incontro ogni dieci – quindici giorni. Infine ci sono gli incontri di mantenimento una volta al mese, dopo i quali la persona sa proseguire con le proprie gambe.

  • Quanto puo’ durare un percorso medio?
  • Premesso che ogni soggetto è un individuo a sé e ogni problematica è a sé stante, in media alcuni mesi. Per alcune persone ci sono percorsi veramente brevi, anche un paio di mesi, per altre si va dai sei mesi all’anno, sempre però diradando le sedute non appena sia possibile. Gli psicologi applicano il tariffario indicato dall’Ordine degli Psicologi, non si tratta di cifre poi cosi elevate e , ricordiamoci, che si tratta di un investimento che torna indietro in modo definitivo e vale molto di più di un viaggio alle Maldive.  Comunque consiglio di chiedere preventivamente allo specialista la sua tariffa, ma di non fermarsi solo a questa variabile per decidere  il meno caro. Meglio una buona esperienza e anche un certo feeling col terapeuta, che se non si crea, è meglio cambiare subito. La prima seduta è sufficiente per rendersene conto.
  • Le cose andranno a posto da sole col tempo, soprattutto quando si è bambini o adolescenti si ha solo bisogno di “crescere” e i problemi passeranno da soli. Che ne dice dottoressa di queste convinzioni, che abbiamo sentito spesso?
  • In quanto psicopedagogista, oltre che psicologa, lavoro da anni coi genitori e con gli insegnanti per le problematiche dell’infanzia e posso garantire che quando un problema è affrontato subito, appena si presenta, quando si è bambini, talvolta bastano anche solo uno o due incontri. Mi è accaduto di risolvere problemi di bambini molto piccoli, dai 18 mesi ai tre anni, senza nemmeno vedere i bambini, ma solo parlando coi genitori e dando consigli utili per aiutarli a risolvere in modo definitivo. Sono bastati  uno o due incontri.
  • Sarebbe un’impresa trovare lo psicologo giusto. Ecco un’altra delle resistenze dietro cui alcuni si rifugiano per desistere dalla decisione di farsi aiutare.
  • A questo riguardo – risponde la dott.ssa Paola Federici – consiglio di leggere il mio articolo uscito su questo sito, “Come scegliere il proprio psicoterapeuta”.

Aspettiamo commenti, opinioni, esperienze al riguardo da parte dei lettori.

ginetto sulla scrivania..uff che noia studio verso seraLa redazione 

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